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un blog di Alessandro Nasini

Un abbondante raccolto

Ieri è stato tempo di raccolto, un abbondante raccolto. Quello in foto è la metà del raccolto di prugne di quest'anno.

Ebbene si, ben due prugne. L'albero, un albero molto vecchio che ho in giardino, dovrebbe produrre sorcini, quelle prugne piccole e nere.

E invece quest'anno ha prodotto solo due frutti (due di numero) ma enormi, quasi un etto l'uno, entrambi dolcissimi.

Spazzare il giardino è un'attività che richiede più progettazione e pianificazione di quanto non si creda

Dopo due settimane di abbandono del giardino a se stesso ho deciso che era ora di fare qualcosa. Tra arance cadute (arance amare), cachi acerbi caduti, aghi di pino e foglie secche a momenti facevo fatica ad estrate in casa senza inciampare. Siccome sono furbo ho pensato di sbrigarmela in un paio d'ore. Siccome ho una persona che segue il giardino (che ora è meritatamente in ferie) era un anno esatto che non prendevo rastrello e scopa di saggina in mano.

Dopo le due ore previste non ero nemmeno ad un terzo del lavoro.

A parte la sudata - resa più copiosa da un improvviso ritorno d'estate a Roma - e la compagnia di zanzare tigre grosse come fenicotteri, ho realizzato che per fare un buon lavoro nei tempi giusti servono metodo, progettazione e pianificazione.

Metodo, perchè se si procedede a casaccio si ripassa tre volte in ogni punto. Progettazione, perchè per pulire il giardino serve un piano operativo preciso. Pianificazione, perchè servono un sacco di cose: guanti da giardinaggio pesanti ma traspiranti (non trovavo i miei, ho preso un paio di gomma e dopo mezz'ora avevo le mani bollite come un cotechino), il rastrello, la scopa di saggina, la scopa da giardino con i peli di metallo che non so come si chiama, un secchio porta sacchi, i sacchi condominiali buoni (non quelli comuni che si trovano al supermercato che si bucano in un attimo), una bottiglia d'acqua fresca a portata di mano, 12 litri di anti-zanzare.

Ora ho sei sacchi pieni di rumenta da buttare, il giardino ha ripreso un aspetto decente (ma devo ancora tagliare quel che è rimasto del prato, lo farò domani) ed io ho un bel mal di schiena. Vado a farmi una doccia e riprendere un aspetto umano.

Invendibile campionario da spiaggia

Ero a Fregene in spiaggia la settimana scorsa. Il figlio più piccolo mi aveva regalato da poco una bella macchia di gelato sulla mia camicia bianca incautamente lasciata sul lettino. Un inutile tentativo di smacchiatura "... usa l'acqua minerale..." aveva prodotto un ulteriore disastro. Avrei pagato il doppio o il triplo del suo valore di mercato per una maglietta pulita, visto il progetto di rimanere a cena in spiaggia con amici.

E invece è passato di tutto, venditori senegalesi, marocchini, egiziani, cinesi mi hanno offerto ogni genere di mercanzia: collanine, occhiali, cappeli, parei, sottopiede in misto-cotone, aquiloni, sculture il legno, libri di cucina e fiabe africane, pistole sparabolle, bikini, piante di plastica con uccellino canterino a batteria, sfere multicolori per illuminare cene romantiche, finti rolex, finti omega, finti braccialetti powerqualcosa per curare ogni malattia nota, cerotti magici e - ovviamente - copriletto matrimoniali per quando tornerà il fresco. Una maglietta pulita con un disegnino invece no, nulla da fare.

Ho visto una umanità multirazziale, carica come muli delle proprie paccottiglie, fare avanti e indietro sulla spiaggia per ore senza vendere un solo pezzo dei quintali di roba trasportata. E mi sono domandato, intanto che riprovavo a smacchiare il cioccolato, chi fosse il genio che crea l'invendibile campionario di tanta povera gente.

Altra multa da 38 euro con lo scooter

Dopo un'ora nel traffico di Roma con lo scooter, dopo un altro quarto d'ora che giravo senza successo intorno alla Galleria Alberto Sordi in cerca di un parcheggio, ho ceduto alla disperazione (ed alla temperatura interna del casco) ed ho parcheggiato occupando (anche) un pezzettino di una zona di carico e scarico. Tornato mezz'ora dopo ho trovato una multa di 38 euro. Il vigile stava continuando a multare motorini pochi metri più lontano: aveva già fatto almeno una trentina di multe e non sembrava intenzionato a smettere.

Ho preso la mia multa, sono andato dal vigile e con tutta la calma (residua) della quale sono stato capace gli ho fatto le mie rimostranze per una sanzione che, se anche formalmente giusta, era sproporzionata rispetto al crimine commesso. Gli ho anche fatto presente che ben tre micromacchine erano parcheggiate "al posto dei motorini", facendo fuori di fatto una decina di posti riservati alle due ruote.

Il vigile sembrava non aspettasse altro da mesi. Con una gentilezza ed un garbo inaspettati (dico sul serio) mi ha spiegato che le micromacchine sono ad oggi (ed a tutti gli effetti) dei ciclomotori e pertanto hanno tutto il diritto di parcheggiare negli spazi per le due ruote. Ha continuato spiegandomi che la inusuale "retata" era la conseguenza dell'esposto fatto da un commerciante della Galleria Alberto Sordi che aveva (alle 11 di mattina) trovato (povero amore...) difficoltà nel parcheggiare nell'area di carico-scarico. Detto questo il gentile vigile ha proseguito per una decina di minuti sfogandosi delle difficoltà del suo incarico, del fatto che per arrivare al lavoro deve prendere due rami di metro e due autobus, che Roma era fatta per (poche) carrozzelle, che mi capiva perfettamente ma non aveva potuto fare altro che multarmi (visto l'esposto presentato dal commerciante), che Roma era un inferno.

Se i collega del vigile con cui stavo parlando non lo avesse quasi trascinato via saremmo finiti a prendere l'aperitivo insieme, forse saremmo diventati amici: la sensazione di essere entrambi (da posizioni diverse) tragicametne nella stessa barca è stata forte. Un barca alla deriva probabilmente, e certamente destinata a frantumarsi sugli scogli se qualcuno non ne prenderà il comando essendone capace.

C'è nessun amministratore pubblico in ascolto che se ne intende di remi e timoni?

Arriva The Prisoner su FX

Ero piccolo, non riesco a ricordare quanto, ma ricordo bene  che il televisore di casa - un glorioso Grundig da 17 pollici - era in bianco e nero.

Nel bianco e nero, quella grande palla bianchissima e floscia era terrificante. Più la libertà del prigioniero sembrava ad un passo dal compiersi piuù odiavo il momento in cui la maledetta palla bianca e sgonfia faceva naufragare la mia speranza inghiottendolo.

Al
Roma Fiction Fest ho assistito alla prima del remake che dal 22 luglio andrà in onda su FX (il canale 119 di Sky) e che avrà come protagonista Jim Caviezel, il gesu' di The Passion di Mel Gibson. Le atmosfere sono parecchio diverse, alcuni spunti strizzano un po' l'occhio a Lost, ma se devo valutare dai primi due episodi che ho visto, si preannuncia molto godibile. Sono molto curioso delle "voci" della versione italiana, ma consiglio di seguirlo in inglese perché dubito sarà possibile eguagliare alcuni toni della voce di numero 2.  che come odiavo allora, odierò adesso.

Roma 2010-2020, nuovi modelli di trasformazione urbana

L'8 e il 9 aprile il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, organizza una conferenza cittadina che coinvolgerà le più alte personalità dell'urbanistica e dell'architettura internazionale. Il primo giorno sarà dedicato al riutilizzo delle aree dismesse della città storica e il secondo alle periferie.

Il tema mi interessa molto ed andrò a vedere che aria tira, con la manifesta speranza di ascoltare idee e proposte progettuali e non battibecchi tra archistar. Il rischio è altissimo, ma voglio essere ottimista.

Il programma dettagliato lo trovate qui: http://www.comune.roma.it/was/wps/portal/pcr?menuPage=/&targetPage=/Homepage/Area_Content/Primo_Piano/info-1861302397.jsp

Votare è troppo facile

Ogni volta che vado a votare ho la sensazione che farlo sai troppo facile: entri, lasci tessera elettorale e documento, posi il telefonino, prendi scheda e matita, entri in cabina, esprimi il tuo vuoto, esci dalla cabina, imbuchi ed in due minuti totali sei fuori. Anche meno.

Nessun registro da firmare, nessun rito, troppo rapido: il voto è una sorsata al volo, non una degustazione meditata. E come tutte le cose troppo rapide o troppo gratuite diventano scontate, quasi insignificanti.

Mi rendo conto che sembra un discorso da vecchio citrullo un po' nostalgico, ma forse no...

Ho visto l'Etna con la neve.

 

Non tornavo a Catania da più di vent'anni, forse qualcosa in più. So di aver vissuto a Messina ed Augusta da piccolo ma non ne ho ricordo. Ho ricordi invece molto nitidi di due vacanze siciliane, una delle due in Vespa. Arrivare a Catania mi ha fatto un effetto stranissimo, che faccio fatica a descrivere. Ero quasi commosso, certamente emozionato.

Dieci minuti dopo l'atterraggio e dopo meno di cinque minuti per ritirare il bagaglio imbarcato stavo già guardando l'Etna innevato come un bambino piccolo guarda l'arcobaleno. Peccato il tempo fosse così così.

Mezz'ora più tardi ero in albergo che preparavo la borsa con le Nikon, pronto ad affrontare un pomeriggio in giro per la città: volevo guardare più cose possibile e registrarle, non avevo molto tempo. Mi sono fatto mezzo lungomare a piedi, quel lungomare che ricordavo pieno di palme bellissime, troppe delle quali assassinate dal punteruolo rosso, ho comprato i biglietti per il bus e sono andato in giro per un'ora per guardarmi intorno e origliare i discorsi dei catanesi. Ho ascoltato e fotografato e, devo confessarlo, masticato parecchio: un arancino al ragù, una cipollina, due cannoli piccoli, tutto in bar differenti. Non per ingordigia, avevo voglia di assaggiare Catania come faccio sempre in ogni luogo dove vado. Qualcuno disse che le persone sono quel che mangiano e credo che i catanesi non facciano eccezione, confermano la regola, anzi ne scrivono una tutta loro.

 

Catania è sempre bellissima, non saprei dire esattamente perché, un po' come quelle belle donne che viste pezzo per pezzo, naso, occhi, bocca non ti colpiscono ma che nell'insieme ti fanno innamorare. La bellezza di Catania è fatta di un muro di un vicolo, della ringhiera di un balcone, di un taglio di luce, di un banchetto di fiori, della facciata di un palazzo e del gradino di una chiesa e nel suo complesso innamora. Non sono certo i catanesi se ne rendano veramente conto, come accade pari pari a noi romani, finchè da Catania non vanno via. 

I catanesi, rispetto al mio ricordo, li ho trovati molto meno solari e non era per la settimana di brutto tempo appena passata. Temo che il brutto tempo duri da un po', certamente da troppo. Il tassinaro che mi ha riportato in albergo (ho dimenticato di chiedergli il termine catanese) era parecchio arrabbiato. Era arrabbiato con il traffico, era arrabbiato con le macchine in doppia fila, era arrabbiato con le cartacce, era arrabbiato con il sindaco attuale e con i dieci precedenti. Ho tentato un "come da noi a Roma" ma non è servito a molto. Ha proseguito infervorandosi e parlando di spiagge mal collegate con la città, di parcheggi mai inaugurati, di regole mai rispettate. Caspita, spiagge a parte, ma ero a Catania o a casa mia? L'Italia è lunga e diversa, ma le cose malate sono sempre le stesse. Finchè si sta a casa propria l'assuefazione rende la cosa meno dolorosa, quando le ritrovi altrove ti ritornano in mente di botto e ti bruciano di nuovo.



La mattina dopo ero agli Stati Generali dell'Innovazione, ed era una giornata fantastica. Il sole era pieno, l'aria pulita, il bianco accecante ed i colori bruciati dal riverbero così deve essere. La tentazione di scappare da Palazzo Platamone per tornare in giro per la città è stata fortissima ma ho resistito: il motivo per cui ero a Catania era serio e l'ospitalità del Comune andava onorata.

Ho ascoltato tutti gli interventi, friendfeeddando gli spunti che mi sono parsi al momento più interessanti. Per chi volesse, il tag è stato #innovaCT per Friendfeed. e Twitter. La cronaca della giornata e degli interventi la trovate sul blog di Catepol, digita a quattro volte la mia velocità ed è stata puntualissima nel prendere appunti e riportare la cronaca meglio di quanto potrei mai fare io qui.

Mi interessa invece ragionare ad alta voce, una sorta di ripasso, su quello che ho visto e sentito durante la giornata e magari sottolineare alcuni aspetti positivi ed altri meno.

Ho visto due sale, una "istituzionale" e l'altra del Barcamp, ed erano in due piani diversi. L'istituzionale al primo piano, nella sala grande ed il barcamp al pian terreno, in quella piccola. Non lo avrei fatto: non c'è stata fusione e non c'è stat contaminazione ed è stato un peccato. Chi ha partecipato ai panel istituzionali non ha potuto seguire i progetti presentati e invece gli avrebbe fatto un gran bene. Lo dico sinceramente: mentre le istituzioni ripetevano "fatevi avanti con dei progetti" al piano di sotto c'era chi i progetti provava a presentarli. Qualcuno più realista magari, altri più strampalati, ma il fuoco ardeva al pian terreno, non al piano nobile. Lo stesso errore l'han fatto i barcampisti, mi spiace dirlo, che con poche eccezioni hanno dedicato meno attenzione alle cose dette al piano di sopra di quanta ne meritassero. La buona volontà era percepibile e, archiviando qualche loop autoreferenziale di troppo come incidente di percorso, la sostanza c'era ed i soggetti con cui quagliare, pure.

Ho sentito il Sindaco Stancanelli ripetere più volte durante la mattinata un invito a cominciare dai "progetti a costo zero". Posso capire che se avesse detto "abbiamo soldi a secchiate" sarebbe stato più emozionante, però anche il realismo ha il suo valore. Ad esempio, riscrivere le regole di una comunità può essere un primo passo a costo zero. Sono certo che il tassinaro arrabbiato sarebbe ben disposto a constribuire alla scrittura: niente sosta in doppia fila e basta cartacce per terra. Troppo semplice? Utopistico? Forse si, ma magari no.



Gli amici catanesi mi dicono che a Catania ci sono anche cose che funzionano, o che perlomeno funzionano meglio che altrove: ad esempio l'Università. Mi risulta che la qualità dell'insegnamento sia buona e che ne escano dei buoni laureati. Non è tutto, ma è molto. Manco a farlo apposta, Economy di questa settimana pubblica un Dossier Sicilia intitolato "L'isola che c'è". Si racconta nel dossier di problemi gravissimi e di storie di ripresa, di speranze tradite e di progetti emozionanti. Chiedo agli amici catanesi di valutarne l'attendibilità, ma a me gli spunti quadrano.

Quadrano con quello che ho visto e sentito agli Stati Generali dell'Innovazione, quell'innovazione che non può non partire dal rendersi conto di quali sono gli "asset non duplicabili", una espressione un po' roboante per dire quali sono le cose cha a Catania ci sono, in Sicilia ci sono ed altrove no. Io ho visto, annusato ed assaggiato un sacco di asset: un mare pazzesco, un sole che quasi cuoce già a marzo, gente bellissima e orgogliosa, dolce e salato per il quale qualsiasi nordico (decidete voi quanto a nord) impazzirebbe. Solo per partire da quelli talmente evidenti da diventare invisibili. Invisibili ad un catanese, non ad uno che arriva da fuori.

Un città nella quale autunno e inverno è solo un breve incidente che segue all'estate e precede la primavera è una città dove può essere fantastico fare un sacco di cose; la creatività e la voglia di innovare - davanti ad una granita di gelsi - può esplodere di risultati inimmaginabili altrove. Ci sono un sacco di persone che ci stanno provando, qualcuno già ci riesce, molti vanno convinti che tutto è possibile.

Sono speranzoso che il maledetto insetto rosso si troverà il modo di debellarlo e le palme presto torneranno.