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un blog di Alessandro Nasini

Che il malato è malato, lo abbiamo capito. Ora, diteci la cura.

Messaggi di fine d'anno. Messaggi per l'anno nuovo. Diagnosi precise e inviti a non perdere la calma, a non perdere la speranza, a lottare per la guarigione.

Per quarantott'ore abbiamo sentito fior di cervelli fare un bilancio preciso e puntuale degli ultimi mesi: la diagnosi è condivisa, l'economia non gode di buona salute. Vi dirò, ce ne eravamo accorti anche noi che non andiamo in tivvù ma solo al supermercato a comprare il pane. Ora però ne avremmo abbastanza di sentire diagnosi e vorremmo un "aiutino" per capire quale è la cura, se ce n'è una e - perdonate per una volta il campanilismo - quale è la cura buona per le nostre parti.

Che ne sò, magari una piccola indicazione di quali settori soffriranno meno, quali ripartiranno prima, in quale direzione un giovane possa orientare i propri studi ed un piccolo imprenditore pensare di impiegare le magre risorse. Nessuna ricetta miracolosa, il vaccino di lunga vita sappiamo che non c'è, ma magari un po' di luce, magari un moccoletto da seguire nel buio pesto. Giusto per fare come nella vita reale, dove se faccio una consulenza e dopo l'analisi mi alzo e me ne vado senza dare la soluzione è improbabile che mi paghino. E direi giustamente.

Insomma, i tanti esperti, Centri Studi, Istituti di Ricerca, ce l'hanno una qualche idea o nel buio ci vedono male o nulla come noi?

Natale al tempo della crisi: due passi all'Auditorium



Come ormai abitudine natalizia da qualche anno a questa parte, ho deciso di fare due passi all'Auditorium Parco della Musica a Roma. Sul loro sito avevo visto che la tradizionale manifestazione "Natale all'Auditorium" era confermata, con un programma piuttosto ricco. Bene, ho pensato, sarà divertente e magari riuscirò a farmi avvolgere da un po' di spirito del Natale.

Arrivato con tutta la famiglia a destinazione sono rimasto di stucco: dov'erano gli alberi di Natale? Dov'erano le casette degli gnomi dalle quali l'hanno scorso ho faticato a recuperare i figli? Non c'erano, sostituiti (e solo in parte) da quattro chioschetti di bibite. Mamma mia che tristezza. Ma possibile?

Possibile si, eccome. Ma non c'era un altro modo? Non era meglio nulla che tanta desolazione? Non c'era proprio il modo di riempire gli spazi dell'Auditorium? Non dico per guadagnarci, ma almeno per non dare quella sensazione di "scusateci, abbiamo finito i soldi" che in un momento come questo proprio non aiuta. C'era la pista di pattinaggio su ghiaccio, ma tristissima ed ingombra di una umanità tanto infreddolita quanto poco divertita.

Il luogo è bello, bellissimo. La cornice prestigiosa, il tabù del "cultura alta o morte" infranto già da tempo e con buona pace di tutti. Sarei curioso di sapere se è andata così per una volontà precisa, per mancanza di idee oppure a causa di contrattempi. 

Non è la prima volta che andando all'Auditorium per qualche manifestazione ne ricavo la stessa sgradevole impressione di occasione mancata. Occasione mancata di fare le cose in grande o anche solo di fare le cose bene.