Solo qualche mese fa sembravano un modello perfetto: poche chiacchiere (non più di venti minuti), buone slide, tempi serrati: se hai qualcosa da dire dilla, se hai paura di confrontarti stattene a casa.
Poi è successo qualcosa che ho paura abbia fatto invecchiare la formula di colpo: ne avevo avuto sentore al GreenCamp e ne ho avuto conferma sabato al KublaiCamp. Non è un problema legato agli argomenti, non dipende dalla bontà delle cose dette o dalla qualità dei baristi o degli avventori.
Forse farà questo effetto solo a me, ma a me sembra sempre di andare via avendo perso un'occasione. Occasione di cosa? Di mettere un punto, magari anche due su un qualsiasi tema o progetto. I tempi serrati, democrazia dell'orologio, attribuiscono a tutti lo stesso spazio e la stessa visibilità, un po' come alla tribuna elettorale. Qualche domanda, tante critiche ed altrettante riflessioni rimangono sempre della strozza. E non credo solo a me, a giudicare dal mugugno a bassa voce che segue quasi sempre uno speech.
Sto, ma farei meglio a dire stavo, lavorando da qualche tempo al progetto di un BarCamp su alcuni temi che mi interessano ma devo trovare un altra formula per la giornata, formula che al momento ancora mi sfugge. Portare tutta quella gente in uno stesso luogo anche solo per poche ore costa troppa fatica, troppe energie e troppi soldi per sprecare l'occasione. Con qualcuno dei Kublaiani, sabato scorso alle Officine Farneto, un accenno di ragionamento lo abbiamo cominciato, spero proprio che dalla condivisione della "bollitura" della formula barcamp si riesca a mettere in pentola qualcosa di più fresco. E in questo senso, chi volesse darmi una mano, o meglio prestarmi qualche neurone, sarà il benvenuto.