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un blog di Alessandro Nasini

Storie di polpette e castagnaccio

Quando ero piccolo, diciamo intorno agli 11/12 anni, scoprii che mi piaceva cucinare. Come mia mamma usciva per delle commissioni, io veloce come un fulmine tantavo di produrre improbabili dolci e biscotti. Sorvolerò per pudore sulla qualità dei risultati e sulla incapacità di nascondere le tracce (soprattutto di farina) che lasciavo in cucina.

Mia mamma cucinava e cucina molto bene: se non avete mai assaggiato le sue polpette al sugo è come se non aveste mai mangiato polpette. Non è solo un fatto di sapore e di sapidità, è la consistenza che è unica. Gli ingredienti li conosco bene, gliele ho viste preparare centinaia di volte ed anche io le ho fatte decine di volte. Le mie vengono buone, ma le polpette di mia mamma rimangono un traguardo culinario irraggiungibile.

Con il castagnaccio ho lo stesso problema. Non con la ricetta di mia mamma (che non ha mai amato preparare i dolci) ma con quella di mio papà che adorava il castagnaccio pur essendo abruzzese. Credo di averglielo visto fare due/tre volte in tutto ed è forse l'unica cosa cucinata da mio papà che riesco a ricordare, oltre le trote al cartoccio (mia mamma ha sempre odiato il pesce, figuriamoci cucinarlo).

Oggi ci ho riprovato - avevo comprato della farina di castagne qualche tempo fa - e l'aspetto non è male. Anche il profumo ha un suo perché e la consistenza (alla prova stecchino) è gommosa al punto giusto. Vi saprò dire del sapore, ma già so che dovrò continuare nei prossimi anni le mie sperimentazioni.

Polpette e castagnaccio, polpette e castagnaccio...

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